Description
In Quello che la pelle ricorda, la pittura si fa gesto rituale e ponte narrativo tra mondi.
L’opera ritrae Nina Gualinga, attivista indigena che, attraverso l’atto antico di dipingersi il corpo, attiva un dialogo silenzioso con la terra e le sue forze generative.
Nella tradizione di molte popolazioni amazzoniche, la pittura corporea non è mai solo decorazione: è linguaggio, memoria, appartenenza. Ogni tratto tracciato sulla pelle con pigmenti naturali racchiude un sapere ancestrale, un codice culturale che comunica identità, ruolo, e connessione con il ciclo della vita.
L’artista si ispira al mito di Nungulli — spirito femminile della fertilità e delle coltivazioni — per evocare un sapere matrilineare che si trasmette attraverso i corpi e i gesti. Le donne, prima di seminare, dipingono i propri corpi come atto propiziatorio e forma di alleanza con il mondo invisibile. I segni diventano così preghiere disegnate, tracce di un dialogo intimo con la natura.
Nel volto assorto di Nina, nell’intensità meditativa del suo gesto, si condensano elementi simbolici e narrativi: resistenza, cura, soglia tra il visibile e l’invisibile. L’uso stratificato di olio, pastelli e foglia d’oro accentua la densità materica del ricordo, la sacralità di una presenza che non è solo ritratto, ma memoria incarnata.
Quello che la pelle ricorda si inserisce in un più ampio progetto pittorico dedicato alla dignità e alla forza delle donne indigene dell’Amazzonia.
L’opera non solo restituisce visibilità a saperi dimenticati, ma invita chi osserva a rallentare, a guardare con rispetto, e ad ascoltare ciò che sopravvive sotto la superficie.